Da Mignon, casa della pasticceria d’eccellenza, sfila in vetrina tutto l’anno.

Per la Pasqua 2023, abbiamo scelto di celebrarla raccontandovi le sue origini e svelandovi qualche segreto del suo fascino leggendario.

La pastiera. Lasciatevi trasportare dal suo profumo inebriante e dal sapore inconfondibile in un viaggio alla scoperta dell’autentica tradizione napoletana. La curiosità (e l’acquolina) vi terranno compagnia.

Nascita e origini della pastiera napoletana

Nel panorama dei dolci pasquali, prova di anno in anno a conquistare un posto d’eccezione sulle tavole degli italiani. Meno conosciuta dei grandi classici della tradizione, colomba e uova di cioccolato, la pastiera napoletana ha tutte le carte in regola per essere eletta regina di gusto.

Dolce dal cuore nobile e cremoso, accolto da una fragrante pasta frolla, la pastiera è da sempre simbolo di risveglio e rinascita. Questa prelibatezza della pasticceria partenopea affonda le sue radici nel mistero. Le sue origini risalgono alla notte dei tempi, a quando il grano cotto e le uova accompagnavano i riti pagani che celebravano la primavera. Secondo un’antica leggenda la pastiera napoletana è figlia della sirena Partenope, fondatrice della città, creata in omaggio al suo popolo. Ogni primavera, la dea emergeva dalle acque del Golfo per allietare e ringraziare i napoletani con canti d’amore e di gioia. In segno di gratitudine e riconoscenza per la sua voce melodiosa e affascinante, i napoletani vollero ricambiare donando a Partenope quanto avessero di più prezioso: farina, ricotta e grano, simboli di ricchezza, generosità e abbondanza; uova, simbolo della vita che si rinnova; fiori d’arancio e zucchero, emblema di dolcezza.

La sirena, felice per tanti doni, miscelò con le sue arti divine le preziose offerte, trasformando gli ingredienti in un dolce dal gusto unico e delicato, destinato a sopravvivere nei secoli.

Secondo altre fonti, la pastiera napoletana ha origini più recenti, nell’antico convento di S. Gregorio Armeno. Nel XVI secolo, in occasione della Pasqua, una suora volle preparare con pochi ricchi ingredienti un dolce che fosse simbolo di rinascita cristiana. Il risultato fu molto apprezzato dalle famiglie nobili e borghesi della città e le suore del convento diventarono delle vere e proprie maestre nella preparazione delle pastiere.

Pagana o cristiana che sia la sua nascita, la dolcezza della pastiera napoletana resiste nel tempo e punta a conquistare sempre di più il palato degli italiani.

Aneddoti e curiosità di un rituale degno della tradizione partenopea

Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo (Ferdinando II di Borbone)

Se non avete mai assaggiato la pastiera napoletana, forse questa Pasqua è l’occasione giusta per cedere (finalmente) alla tentazione. Il suo aroma paradisiaco e l’inconfondibile equilibrio di sapori sono una vera e propria iniezione di serotonina. La friabilità della pasta frolla e la crema di grano e ricotta profumata ai fiori d’arancio sono la metafora di un momento felice.

La storia dell’amato dolce partenopeo ne è la prova eloquente.

Si narra, infatti, che perfino l’ombrosa e austera Maria Teresa D’Austria, “la Regina che non ride mai”, moglie del goloso “re bomba” Ferdinando II di Borbone, si sia lasciata sfuggire in pubblico un sorriso dopo un morso alla pastiera. Provare per credere.

La ricetta segreta e la “regola delle 7 strisce

Come la sua origine, anche la ricetta della pastiera napoletana è avvolta da un alone di mistero (che profuma di fiori d’arancio). La diatriba sulla combinazione perfetta di ingredienti è ancora oggi apertissima tra i napoletani, maestri pasticcieri e nonne di famiglia, detentrici gelose degli autentici segreti della tradizione dolciaria partenopea. A mettere d’accordo tutte le voci del coro c’è, però, sicuramente, un rito centenario da rispettare alla lettera, “la regola delle 7 strisce”. In cima al ripieno della pastiera napoletana ci devono essere solo sette strisce di pasta frolla, tre in un verso e quattro nell’altro, per formare rombi perfetti. Secondo la leggenda il numero sette simboleggia gli ingredienti portati in dono a Partenope. Altre fonti sostengono che il numero ricordi i sette quartieri del centro storico di Napoli, i tre Decumani (superiore, maggiore e inferiore) e i quattro Cardini (i vicoli) della città antica.

Il rituale della pastiera perfetta

A Napoli (e non solo) è irrinunciabile, soprattutto a Pasqua. Denominato anche “dolce dell’amore”, la pastiera napoletana è un emblema della tradizione pasquale partenopea, quello che non deve mancare mai. Il suo prestigio, conquistato negli anni, è racchiuso nella sua lunga storia, densa di significati reconditi e rituali, e nel mix perfetto dei suoi ingredienti. La combinazione di zucchero, ricotta, grano e profumo di agrumi racchiude l’essenza dell’eccellenza dolciaria ed è capace di rapire il cuore (e il palato) di tutti.

La sua laboriosa preparazione richiede amore e dedizione. Le versioni che popolano il panorama della pasticceria contemporanea sono svariate ma, indipendentemente dai gusti, la buona riuscita richiede il rispetto di un vero e proprio rituale, tramandato di generazione in generazione. Si comincia di mercoledì, con l’impasto per la frolla e con il grano, che richiede lunghe ore di lentissima cottura. La preparazione va poi ultimata tra il giovedì e il venerdì santo, per dare modo a tutti i gusti e profumi di amalgamarsi e trovare un buon equilibrio. Il momento finale e decisivo è quello della cottura. La pastiera, per essere buona, deve essere cotta alla perfezione, e questo passaggio richiede molte ore. Un tempo per cuocere le pastiere ci si radunava intorno ai forni a legna delle case di campagna, gli stessi utilizzati per cuocere il pane. 

Simbolo di rinascita e di amore, la pastiera napoletana viene spesso donata in occasione degli auguri di Pasqua, ma non va mangiata prima del sabato santo, a due giorni dall’inizio della sua preparazione. Il rispetto del rituale ne amplifica la sapidità e i profumi all’ennesima potenza. E si sa, l’attesa aumenta il desiderio.

Il nostro viaggio alla scoperta della pastiera non finisce qui. Per il lieto fine (e assaggio), vi aspettiamo nelle nostre pasticcerie.

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